PRODUZIONE
DISCOGRAFICA del Coro di Aggius "Galletto di Gallura" |
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Questo ns. ultimo lavoro, è un concentrato di tradizione corale,
musica, poesia e alta espressione tramandata secolarmente da generazioni
di Aggesi, a noi pervenute e che a ns. volta vogliamo trasmettere alle
future genti.
Abbiamo effettuato questa registrazione presso, il deposito nella zona
artigianale di Aggius, messo a disposizione da Nicola Lepori,
che ovviamente ringraziamo per la sua disponibilità e pazienza,
con due tecnici, Paolo Zannin e Massimo Cossu,
che avendo poco sentito le ns. arcaiche melodie, hanno dovuto provare
l’adattamento delle ns. voci con i moderni mezzi multimediali di
incisione digitale.
Il primo problema è stato la serata dopolavoro, che alquanto fresca
e umida di maggio, a arrecato non poche raucedini alle ns. ugole non professionali
e abituate a cantare intorno ad una tavola imbandita e a qualche fiasco
di vino, piuttosto che a complicate apparecchiature e microfoni altamente
sofisticati.
Abbiamo comunque effettuato una prima prova per vedere l’effetto
delle voci e della improvvisata sala di registrazione, che abbiamo ripetuto
in una sera più conforme alla buona stagione e dopo aver migliorato
la ns. abitudine ai citati marchingegni elettronici.
Sentendo le duplicazioni, riscontravamo qualche problema negli attacchi
e nelle finali, non avendo nessun direttore all’interno del ns.
coro, qualche dimenticanza dei testi eseguiti a memoria e che al momento
dell’esecuzione, soprattutto per emozione sono stati sbagliati.
I tecnici hanno detto che molti errori potevano essere corretti, e che
la moderna tecnologia a disposizione avrebbe fatto miracoli, ma la ns.
preoccupazione era che il lavoro finito avrebbe presentato una tale perfezione
che senza dubbio veniva a travisare l’antica coralità.
La ns. decisione finale è stata quella di registrare tutti i brani
di seguito come fossimo alle ns. regolari prove e tranne qualche ripetizione,
abbiamo approvato questo lavoro seppur con i suoi errori e con alcune
sbavature, ma quello che presentiamo è il ns. coro con i suoi difetti
e con i suoi limiti ma dopo aver sentito le registrazioni dei ns. predecessori,
senz’altro una delle migliori coralità di voci, a conferma
di questo, il falsetto si sente senza che nessuno lo canti nella maggior
parte dei passaggi nei brani eseguiti. |
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PREFAZIONE
AL CD
“Antico
quanto l’alba” ebbe a definire il canto
tradizionale di Aggius Gabriele D’Annunzio
allorchè un gruppo di cantori, nel 1927, lasciò il
piccolo centro della Gallura per una tournée nella Penisola
facendo tappa anche al Vittoriale, mitica villa del Vate sul lago
di Garda. Fra quei cantori, tutti settuagenari, il venticinquenne
Salvatore-“ Balori” Stangoni,
al quale, per le doti canore e la voce squillante, il D’Annunzio
attribuì l’appellativo di “Galletto
di Gallura” che lo accompagnò per una
lunga vita di genuino interprete del canto Aggese . Quel nome, decenni
addietro, fu assunto dal coro dei giovani cantori che ebbero il
“Galletto di Gallura” come loro maestro. E che eseguono
i brani di questo CD.
Il canto, assieme alle danze, ha rappresentato un momento centrale
della convivenza di una comunità legata all’antico
mondo agro-pastorale quale quella di Aggius, paese fra i più
tipici della Gallura. Il canto ha scandito ogni manifestazione e
ricorrenza, civile o religiosa, d’ambito comunitario o familiare.
Esso era pratica e divertimento per tutti, uomini e donne, escluse
dal solo canto corale in chiesa. Fra tutti emergevano quanti erano
dotati di certe qualità canore e vocali. Erano allora questi
a cantare gli Uffizi della Settimana Santa e della Pasqua, le novene
del Santo Patrono e i riti funebri. e a intonare il canto che animava
il ballo tondo nelle feste, specie al cospetto di ospiti illustri..
Infine a rappresentare il paese in qualche uscita o manifestazione
importante. Dire dell’origine di questa tradizione significa
riandare ai riti pagani legati alla terra ed ai suoi ritmi di fecondazione,
produzione e raccolto che poi il cristianesimo ha assorbito e fatto
propri.. L’influenza della liturgia della chiesa, passata
attraverso la costituzione delle Confraternite e la larga partecipazione
alle stesse, è stata comunque determinante. Il tipo di canto
appare prevalentemente “colto”, di stretta derivazione
ecclesiale. Su motivi di canti religiosi- dal Miserere ai riti della
Settimana Santa, dallo Stabat Mater al Regina Coeli- si sono poi
innestati testi di contenuto profano. Un substrato di canto profano
persiste in quello che anima il ballo tondo, assimilabile per certi
versi ai canti primordiali della Sardegna eseguiti a “tenores”.
Della secolare tradizione del canto aggese il coro “Galletto
di Gallura” si pone come genuino interprete e fedele continuatore.
AGGIUS, maggio 2005 TONIO BIOSA |
LU
PALTI' NO M'APPENA
Lu paltì no m'appena
Da li me' lochi
e da l'amichi cari,
Cu aria sirena
Anzi palchissu passaria mari
Puoi
richiedere il CD a soli
€ 10,00 + spese di spedizione |
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BRANI
SACRI CON TESTI PROFANI |
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LA
TASGJA
E’ il
ns. modo di cantare, l’accordo corale Aggese
per eccellenza.
La me’
ninfa tarrena sta sicura
sempri ti dè cantà lu chi ti canta
Chi nò s’agatta un’alta criatura
bedda simili a tè da cima a pianta.
Traduzione:
Mia ninfa terrena stai sicura sempre ti canterà
colui che ti canta
non esiste altra creatura bella simile a Te da cima
a pianta.
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ERA
BEDDA UN’AGNULA PARIA
Quartina
della traduzione del San Michele In Bosco dello
Stecchetti, fatta dal poeta Aggese MichelePisano.
Il titolo originale della poesia gallurese è
: Amori a l’umbra d’un buscu. Aprile
1883. Si esegue sulla melodia del Miserere Solenne.
In questo brano, il falsetto si stacca dal resto
del coro e partendo dal “contra” in
ottava alta va’ per suo conto per rientrare
in accordo pieno nel finale.
Per questi acuti Salvatore Stangoni, “Balori
Tundu” ricevette l’appellativo di “GALLETTO
DI GALLURA” da parte di Gabriele D’Annunzio.
Era
bedda un’agnula parìa
Una dea di cieli una fata
Da li so tricci un’odori n’iscia
Di frisca rosa appena sbucciata.
Traduzione:
Era bella un’angela parea
Una dea dei cieli una fata
Le sue trecce emanavano un profumo
Di fresca rosa appena sbocciata.
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TANTU
TEMPU DUNOSA
Poesia
da serenata. Si esegue sulla melodia del Passio
della Settimana Santa.
Tantu
tempu dunosa
era in disizzu di idì a Te
Pa la gjenti odiosa
sogu eu graziosa in tanti peni
In tanti peni sogu dunosa si no vengu a visitatti
Si senza di Te stogu
l’ammiratti gjia me valutu pogu.
No’ mi ali a nienti
Tuttu chiddu carigniu e amistai
Si no t’aggjiu presenti
Cori e ne menti m’arriposa mai
No’ m’arripposa cori
Si no’ ti digu fiori diligatu
Di cantu t’aggjiu amori
A tutti l’ori ti staria a latu.
Traduzione:
Tanto tempo, tesoro (carica di doni) avevo desiderio
di vederti, per la gente odiosa sono io, o graziosa,
in tante pene. Sono io in tante pene, o tesoro se
non vengo a visitarti, se stò senza di tè
l’ammirarti mi è valso a poco.
Non valgono a niente tutte quelle amorevoli carezze,
se non sei qui presente né cuore né
mente mi riposan mai.
Non mi riposa il cuore se non ti dico fiore delicato,
il mio amore è tanto che a tutte le ore ti
starei accanto.
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LU
PALTI’ NO M’APPENA
Quartina
della poesia in gallurese “Ultima Sera”
del poeta Michele Pisano scritta nel 1882
Si esegue sulla melodia del Magnificat della novena
del Santo Natale.
Lu
paltì no’ m’appena
Da li mè loghi e da l’ammighi cari;
cun aria sirena,
anzi, pal chissu passaria mari;
ca’ mi tulmenta a moltu
è lu lassà a te prenda di poltu.
Traduzione:
Partire non mi accora dai miei luoghi e dagli amici
cari
Con aria serena, anzi, per questo oltrepasserei
il mare;
ciò che mi tormenta da morire, è lasciare
te in preda ai pericoli della vita.
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LA
FILUGNANA
Classico
canto della festa, si eseguiva principalmente durante
la cardatura della lana o durante la “festa”
della vendemmia, in genere vi era il botta e risposta
di due cantori.
Li
steddi sendi minori
Imparetili a baddà,
si nò so baddadori
istentani a cuiuà.
Putaiola
chi nò tinni
Nò la tratta putadori,
abà che calatu soli
bedd’e ora d’andazzinni.
Traduzione:
Insegnate i fanciulli a ballare,
se non sapranno ballare tarderanno a sposarsi.
Roncola
che non tinnisce non la usa il potatore,
ora che il sole è calato bisogna rincasare.
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MISERERE
SOLENNE
Canto
religioso della Settimana Santa Anticamente eseguito
dai cori delle seicentesche confraternite di Aggius
quella del SS Rosario e dall’Arciconfraternita
di Santa Croce durante la processione di tradizione
Spagnola, del simulacro del Cristo Crocifisso e
della Madonna Addolarata.
Anticipo de “Lu Sgraamentu”
(la deposizione del Cristo dalla Croce) prima del
canto della voce solista del “Tibi soli peccavi
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STABAT
MATER
Canto
religioso della Settimana Santa Anticamente eseguito
dai cori delle seicentesche confraternite di Aggius
quella del SS Rosario e dall’Arciconfraternita
di Santa Croce durante la processione di tradizione
Spagnola, del simulacro del Cristo Crocifisso e
della Madonna Addolarata.
Cantato alternativamente al Miserere Solenne.
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REGINA
COELI
Brano
originale in Latino, gli Aggesi delegano al coro
l’esecuzione del canto alla Madonna il giorno
di Pasqua durante “l’intoppu”
(l’incontro del Cristo risorto con la Madonna)
sempre di tradizione spagnola, e durante la solenne
Messa Pasquale.
La particolarità di questa melodia, è
ancor meglio rimarcata dall’esecuzione in
dissonanza tale da raggiungere il quarto di tono
da parte del “Contra”, di fatto il coro
non può essere accompagnato da alcuno strumento
musicale in quanto attualmente non esistente.
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LA
BRUNEDDA
E’
sicuramente il canto più famoso del coro
di Aggius,
altro non è che una semplice serenata fatta
da un’analfabeta alla sua bella.
Sapendo contare solo fino a cinque inizia dall’infinito,
cinque quattro tre due ed una
la mia brunetta è bruna.
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LA
TASGJA CU LU BADDU A PASSU
All’iniziale canto di accordo prettamente
aggese, aggiungiamo l’antica tradizione del
canto a ballo
Vita
da un bedd’alburu pusesi
Par esse fra li pianti più lucrosa
Lu tarrenu no fussi ca ti desi
La ista c’hai tu misteriosa.
Bedda tutta frunduta ti pisesi
Par esse fra li stelli luminosa.
Li
to’ labbri incarnati priziosi
So beddi assai più che diamanti
Ca ti de’ imprimì basgji amurosi
Po dissi fultunatu chiss’amanti.
Lu
baeddu e lu pettu so’ almosi
Parini d’alabastru fendi incanti
So’ abbeddu li biddesi e l’almusura
C’hani lu to’ amanti variatu
Da
undi n’arà presu la pittura
La folma di biddesa chi t’ha datu
L’occi c’hani a vidì lu to’
spendori
Sempri d’eni adorà ca t’ha criatu.
Traduzione:
La vita hai preso da un bell’albero, per essere
fra le piante la più ricca
Il terreno fù chi ti diede il misterioso e
sfuggente sguardo,
bella tutta rigogliosa cresciuta per essere fra stelle
la più luminosa.
Le tue labbra carnose, preziose assai più dei
diamanti
Chi t’imprimerà baci amorosi potrà
dirsi fortunato, quell’amante
Il
tuo mento ed il petto sono armoniosi
E scolpiti nell’alabastro ne attirano l’attenzione
Sono tali le beltà e le tue grazie che hanno
stregato il tuo amante.
Chissà
chi ha ispirato le bellezze a te donate
Gli occhi che vedranno il tuo splendore sempre
dovranno adorare chi ti ha creato |
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AGGIUS
10-17-24-25 maggio
ORE 19,00
al Museo MEOC
INCONTRI INTERNAZIONALI
DI
CANTO A PIU' VOCI
LOCANDINA
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