"portatemi ad Aggius: e fatemi una capanna in un bosco di sòveri là sul Tummeu Sotza, ch'io veda il golfo e tutto il lido insino alla Maddalena, ch'io sia svegliato ogni alba dal Gallo di Gallura." G. D'Annunzio
LU PALTI' NO M'APPENA
"Lu paltì no m'appena Da li me' lochi e da l'amichi cari, Cu aria sirena Anzi palchissu passaria mari"
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Discografia
 
Carissima redazione del notiziario di Aggius, stimato Direttore,
sul n° 34 di marzo-aprile 2008 leggo l’articolo firmato Coro Matteo Peru, e pur non volendo approfondire le doti canore le autocelebrazioni e la loro promozione, che lascio al giudizio e alla considerazione dei lettori, mi spingo ad esporre diverse riflessioni.
Innanzi tutto volevo porgere le mie scuse alla banda di Aggius e ai cittadini di Viddalba per aver privato di alcuni minuti il servizio poiché dopo aver consegnato al presidente della banda e al Maestro Giuseppe Peru, l’invito al concerto d’organo, al quale ho fattivamente partecipato nell’organizzazione, ho chiesto, “a caldo”, ragguagli sull’indubbia paternità dell’articolo e con il conforto di un altro componente del coro, Antonio Peru, ulteriori e più sconcertanti argomenti, avviando una concitata discussione interrotta dal megafono del parroco che fortuitamente avviava la processione con il simulacro della Madonna di Pompei.

Voglio ringraziare tutti quelli che in questi giorni, dopo aver letto l’articolo, mi stanno onorando e lusingando complimentandosi con sincera e inaspettata solidarietà, spingendomi a lasciar correre, con invito a continuare in questa strada e nella scelta direzione.

Ringrazio il Parroco, Don Piero, che con la Sua democratica conduzione, non permette di ritornare indietro nel tempo, e non mi riferisco al più vicino periodo Baltolu - Brandano, ma a quello più lontano del medio evo e della sua “Santa Inquisizione”.

Mi piace l’appellativo “ufficiale“ o “comunale” dato al coro “Galletto di Gallura” di cui faccio parte, ravvisando una sana paesana invidia e gelosia, pregando di non far cadere nel morboso, tali sentimenti poiché diventerebbero di difficile cura e di lunga degenza.
Sento il nostro coro dotato non solo di voce ma di una sana innata “aggesità” è per questo, sempre presente, conciliando lavoro e impegni, negli eventi religiosi o culturali della comunità.
Abbiamo più volte rifiutato di esibirci o proporre quanto tramandato in altre città, poiché lo riteniamo espressione e bene intangibile del nostro paese, patrimonio di questa collettività.
Ricordo inoltre che anche i nostri predecessori “Gli Aggius” di cui abbiamo le registrazioni, oltre ad altri brani, abbiano cantato di Jacopone da Todi il Gloria e lo Stabat Mater fuori della chiesa e in teatro, nel vero posto per esibirsi e con la direzione di “Dario Fò”, non per profanare i canti e quei momenti, ma per far conoscere nelle più svariate località d’Italia, le radici cristiane, i veri sentimenti e la nostra arcaica espressiva cultura.

Mi scuso inoltre, per non avere seriamente studiato nei corsi di canto ad Aggius e Tempio, e non conseguito il diploma a Perfugas e tantomeno frequentato l’accademia filodrammatica per rappresentare al meglio “re’ Davide” ma di averlo fatto grazie alla forza che nostro Signore in quel momento e in quel luogo mi ha voluto donare, non gesticolando, con le mani sulla tastiera per poter suonare e fortemente emozionato ben fermo per cantare, come solo io in quel giorno, visti gli altri dinieghi, ho potuto fare, non imitando, sicuramente non pensando di scomodare nessuno e proporla alla mia maniera, con nuovo conio, in altre parole alla Gian Piero Leoni.

Mi chiedo, anche se scorgo sapientemente sott’inteso, perché un giudizio così aspro degli altri nella religiosa preghiera, nella devozione, nella meditazione e pure nella richiesta di perdono?- E’ forse questo il modo per accorgersi della loro presenza?
Perché anziché cantare con il cuore, non aprite più spesso la bocca e “per bene“ usate anche la testa?

Termino, prendendo spunto dalla poesia di Maria Addis “La ciammata di Santu Petru” che immediatamente sotto l’articolo in questione, vi invito a rileggere;
con poetica saggezza “aggese” scrive all’inizio di Gesù che non ha certamente affidato il suo mandato a scienziati o a potenti ma a un umile pescatore scelto in mezzo a povera gente alla guida della sua “barca”, e finisce con una solenne sveglia che esorta a rimboccarci le maniche e turare le falle, perché continui a galleggiare.

Gian Piero Leoni